A Maria Santissima Annunziata è dedicata la chiesa matrice di Modugno. Situato in piazza del Popolo, nel cuore del centro storico, l’edificio si presenta oggi nella sua veste seicentesca ma le sue origini risalgono all’età medievale quando, secondo la tradizione, fu abbandonato l’abitato sviluppatosi in intorno all’antica chiesa altomedievale di S. Maria di Modugno e un nuovo nucleo abitativo fu fondato intorno alla Motta. La nuova chiesa, dedicata all’Annunziata, fu all’inizio sede vescovile suffraganea subordinata all’arcivescovo metropolita di Bari ma già nel XII secolo passò sotto il controllo diretto della giurisdizione religiosa di Bari.

Nella sua veste attuale la chiesa è il frutto di un ampliamento effettuato nel Seicento sull’originale costruzione medievale e in essa coesistono armonicamente diversi stili architettonici, come si può evicere ad esempio dalla contrapposizione dello stile romanico pugliese adottato nel campanile e nel presbiterio con lo stile tardo-rinascimentale della facciata e dell’interno della navata, in cui non mancano peraltro elementi decorativi tipici del barocco, soprattutto nelle cappelle.

Nella sua storia lunga e articolata la chiesa ha conosciuto un primo restauro nel 1347, decretato dall’arcivescovo Bartolomeo Carafa in quanto l’edificio risultava cadente.

Un secondo ciclo di interventi di restauro fu eseguito nel 1518 a spese del Capitolo della Matrice e con un generoso contributo di Bona Sforza, duchessa di Bari.

Nei primi decenni del XVII secolo fu deciso un ampliamento della chiesa. L’incarico fu affidato all’architetto Bartolomeo Amendola (o Amendolara) di Monopoli, che realizzò un progetto che incorporava l’edificio già esistente in una costruzione più ampia, che meglio soddisfaceva le esigenze di una popolazione in aumento. A questa fase risale la costruzione del campanile, per cui fu adottato uno stile che riecheggiava lo stile romanico pugliese.

La facciata invece mostra dove tipicamente tardo-rinascimentali come i cornicioni e le lesene che scandiscono la facciata, in cui si apre il portale d’ingresso la cui pregevole decorazione architettonica è costituita lateralmente da due plinti sormontati da colonnine corinzie su cui poggia l’architrave decorato con un ricco fregio; alle estremità dell’architrave trovano alloggio due statue raffiguranti tale da consentire la collocazione di due statue a tutto tondo rappresentanti la Vergine Annunziata e l’arcangelo Gabriele, su cui veglia in alto l’altorilievo raffigurante la colomba che simboleggia lo Spirito Santo, secondo lo schema iconografico tradizionale dell’annunciazione.Il secondo ordine della facciata , scandito da una cornice modanata aggettante, è movimentato da una finestra rettangolare centrale affiancata da due monofore. Un tmpano triangolare con due acroteri laterali completa il prospetto.

All’interno, l’antica chiesa medievale a pianta basilicale a tre navate è stata incorporata dagli interventi seicenteschi nella grande aula unica, di cui occupa la parte corrispondente al presbiterio e a parte della navata. Edicole gentilizie sono presenti lungo le fiancate dell’aula.

Sul lato sinistro un grande arco introduce nel cappellone del Santissimo Sacramento aggiunto all’edificio nel 1642, dopo la consacrazione della chiesa avvenuta nel 1626 a termine dei lavori di rifacimento. Un’altra cappella, dedicata all’Addolorata, si apre in prossimità del presbiterio; conserva un altare pregevole di probabile realizzazione cinquecentesca. Di particolare rilievo è anche il soffitto ligneo dipinto, opera del modugnese Domenico Scura. Al bitontino Nicola Gliri si deve invece la decorazione pittorica della cupola del cappellone del Santissimo.

Sul lato destro della balaustra del presbiterio è conservata la pala d’altare su tavola lignea raffigurante l’Annunciazione, opera di Bartolomeo Vivarini;  il dipinto in origine costituiva lo scomparto centrale di un polittico; una iscrizione dipinta in basso lo data al 1472. La tavola è senza dubbio l’opera d’arte di maggior pregio della chiesa, che conserva però altri dipinti di pregio, tra cui i quadri di Carlo Rosa.

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